L’opera viene da sé

Io che conosco il fatto della creazione, mi metto in un angolo, mi siedo, come il gatto aspetta il topo.

Prendo la statua dal particolare meno interessante, cioè il meno importante, quello che può suggestionarmi meno, quello che può dare a me più confidenza e meno soggezione; e quindi non parlo mai nel fare una statua, che essendo un’immagine già mi turba. E vado avanti, avanti, immaginandomi l’aldilà, che non voglio mai vedere.

Quando capisco che, adagio, questa operazione sta riuscendomi, e che è in pieno mio dominio, allora mi volto, e guardo la statua per la prima volta. Con un colpo, le apro gli occhi, ed è viva. Basta un colpo, l’ultimo.

In questo modo incominciando dal particolare, che non era nella visione, che non apparteneva all’immagine avuta inizialmente, comincio da ciò che non avevo pensato. Il famoso verso, che vien da Dio, me lo riservo per ultimo e le do il soffio finale. Il soffio è un tradimento inaspettato per la statua, e bisogna sempre aspettare un suo momento di distrazione.

Quando fai una statua, essa comincia subito ad apparire e siccome ogni cosa che nasce cerca di nascondersi per non essere scoperta, la statua comincia a dominarti, vorrebbe turbarti. E allora inizio la lotta e la finzione di non darle importanza e fingere di non vederla. Lei invece cerca sempre di guardarti negli occhi, e quindi non bisogna mai lavorare con la luce degli occhi, ma con la coda dell’occhio.

Se la guardi un attimo, è finita: tu hai già il concetto di quello che è. Se invece la trascuri, allora, a un dato momento, senza volerlo, si scopre e sente il desiderio di essere amata. È il momento in cui tutto diventa semplice, chiaro, perfetto; che tu la puoi guardare, come si ama quando viene il possesso. E io le do la scoppola. In quel momento colgo tutto il mistero, essa cede e si lascia condurre come dev’essere condotta.

Ho un paragone, che ripeto spesso. Là c’è un gatto, che è la creta, l’opera d’arte. Gli vai incontro per prenderlo e quello scappa. Allora fai l’indifferente, ti siedi. Dopo un minuto il gatto ti salta sulle ginocchia. Questa è l’opera d’arte: e allora la puoi accarezzare, e anche strangolare, è tua.

L’opera d’arte viene da sé, non è mai provocata dall’artista. Ed ecco quel che si dice ispirazione. Il mediocre artista l’aspetta in pigrizia, ma non gli arriverà mai, perché l’arte è sempre un’astuzia, simile a quella del macrot che inquieta la sua donna, fingendo di essere indifferente.

(G. Scarpa)

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